Page 590 - Lezioni di Mitologia;
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Lascian d'abisso le profonde sedi,
E non tanti nasconde augelli il bosco
Quando la sera, o la montana pioggia
Nell'inverno gli caccia. Uomini e donne
E magnanimi Eroi che morte spense.
Pargoletti, fanciulle ai cari sposi
Rapite, e figli ai genitori in faccia
Posti sul rogo : di Oocito il nero
Fango gli lega e le deformi canne,
Coll'onde pigre l'inamabil stagno,
E Stige sparsa nove volte intorno
Gli frena. E che ? stupir le case istesse
E i regni della morte, e avvinto il crine
Le stigie suore di cerulei serpi;
Cessò il latrato nell'aperte gole
Di Cerbero, né più moveva il vento
La rota Issionea. Vinto ogni caso,
Tornava il vate a riveder le stelle :
P\.etro Euridice lo seguia. La rese
Proserpina a tal patto. Incauto amante,
Qual subito furor ti prese ? e degno
Eia dì perdon, se perdonasser l'Ombre!
Il piò ritenne, e già presso alla luce,
Immemore, ed, aimè! nel cor già vinto.
Mirò Euridice sua. Qui, sparsa al vento
Ogni fatica, del crudel tiranno
Fu rotto il patto, e dallo stagno Averne
Un fragore si udì tre volte, ed ella :
Misera me! deh qual furore, Orfeo,
Ci perse : un'altra volta il crudo fato
Me chiama indietro, ed i notanti lumi