Page 176 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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166 LEZIONE UNDICESIMA.
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die si sa di lui, ci prova che era tenuto dai Greci in itltissinaa
stima i suoi viaggi nella Grecia europea non furono che trionfi.
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Disgrazinlainente non ci resta nulla delle suo poesie, se faon
(jualclie piccolo rrammenlo sparso qua e là negli autori.
D(‘lla medesima isola furono Alcoo o la Saflo, di cui, non
solo la loro patria, ma la Grecia intera ne menava gran vanto. Il
primo, immischiato nei partiti politici, sfogava con amari sar-
casmi e invettive violente l’aspra ira dell’ animo ; e i suoi versi
minacciosi furon capaci piu volte di far tremare i suoi nemici.
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Quanto fesse veemente la sua passione, o come la sua musa si
lasciasse trasportalo dalia medesima, basterebbe a provarlo que-
sto solo esordio di un’ode cli’e’ fece alla morte di Mirsilo : « Ora
» «'( il tempo di darsi a bere, ora è il tempo d’ ubriacarsi, jier-
j) clié Musilo è morto. »
h la Sullo, chi non ha sentito [tarlar della Saflb, di questa
donna straordinaria che fiori sulla line del secolo settimo ? chi
non sa del suo non corris[iosto umore [>er Kaone? chi ignora il
racconto y vero o favoloso che sia, del suo precipitarsi in mare
dallo scoglio di Leucade? Il suo gonio poetico eentò specialmente
r amore ; amore tanto [luro ([uanlo ardente, com’ è stato provato
dalla critica moderna dopo venticinque secoli che la calunnia pe-
sava sulla memoria di lei. Delle sue o[iere non ce ne resta che
dei numerosi ma brevi frammenti. Si trova in questi le imma-
gini piu grazio.se, lo più care similitudini che la contemplazióne
della natura abbia ispirato alla musa antica. « La-donna che ha
» uno sposo che la protegge, è, secondo. lei, simile al fiore che
» .sboccia in un giardino e che non ha nulla a temere dagli ol-
» traggi del passeggierò. Quella [K)ì che è abbandonata a sé
» stessa. Saffo la paragona a quei fiori dei campi di cui nessuno.
» .si prendo cura: — Tale è il giacinto che i pastori calpestano
‘
» sulle montagne : il purpureo fiore è giacente per terra. — »
Ma ecco la traduzione di un’ode a Venere che possediamo nella
sua integrità :
0 Venere immortel Qglia di fiiove,
Che in mille guise imperi e tessi inganni.
Deb I non gravar lo spirto a chi t' adora
Di cure e affanni.
A me discendi, s' altre volte il suono
Di mie luogbe querele intenta udisti,
I PieriOD
, Ifiil. de la liUèr. grecque , cb. X.
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