Page 162 - I Segreti del digiuno al Futuhat FINAL
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Muḥyīddīn ibn ʿArabī                                   161

            rispettare; “non avvicinatevi ad essi” ( ): af  nché non siate sull’orlo di
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            213 Nel Cap. 86 [II 160.34] Ibn ʿArabī precisa: “Allah ha detto riguardo a chi ha eletto
            tra i Suoi servitori che egli è ingiusto nei confronti della sua anima (ẓālim li-nafsi-hi)
            [cfr. Cor. XXXV-32] in quanto ha preso in carico il Deposito di conf denza (amāna)
            [cfr. Cor. XXXIII-72]. Questa è l’ingiustizia (ẓulm) degli eletti tra i servitori di Allah,
            non l’ingiustizia di chi trasgredisce i limiti (ḥudūd) divini, poiché chi trasgredisce il
            limiti [assegnati da] Allah fa un torto alla sua anima [cfr. Cor. II-229 e LXV-1), in
            quanto la sua anima ha un limite a cui si arresta ed a cui è sottoposta per se stessa, e
            quel limite è identico alla sua [condizione di] servitù. Il limite f ssato da Allah è quello
            che gli spetta e se il servitore si addentra nell’attributo della Signoria (rubūbiyya), che
            appartiene ad Allah, trasgredisce i limiti f ssati da Allah: “e chi trasgredisce i limiti
            f ssati da Allah, coloro sono gli ingiusti” (Cor. II-229), in quanto il limite della cosa
            impedisce a ciò che vi è sottoposto di uscirne ed a chi non vi è soggetto di entrarvi.
            Questi sono i limiti essenziali (al-ḥudūd aḏ-ḏātiyya) e chi li evita per timore [di Dio]
            sono  coloro  che  hanno  successo.  “Quelli  sono  i  limiti  f ssati  da  Allah:  quindi  non
            avvicinatevi  ad  essi.  Così  Allah  spiega  i  Suoi  segni  agli  uomini:  forse  essi  saranno
            timorati” (Cor. II-187), ed Allah li ha descritti come dotati di timor di Dio (taqwā) se essi
            non li trasgrediscono e ha stabilito i limiti come una protezione (wiqāya) per loro. Nulla
            dei [nostri] limiti essenziali, che spetta ad Allah [def nire], è a nostra disposizione; ciò
            che è a nostra disposizione sono i limiti formali [o le prescrizioni] (al-ḥudūd ar-rasmiyya)
            e per questo i servitori li infrangono e li trasgrediscono, e per questo sono puniti. Se
            il Vero, il Signore (ṣāḥib) del limite, li fa entrare in ciò che Gli appartiene, colui che
            entra non è caratterizzato dall’ingiustizia e non incorre in una punizione. Poiché si
            tratta di un limite formale, il servitore accetta di entrarvi, ma se vi entra per se stesso,
            senza che il suo Signore ve lo faccia entrare, espone la sua anima alla punizione, ed il
            Signore del limite è quindi nella condizione di scegliere tra i due giudizi (bi-ḫiyar an-
            naẓarayn): se vuole punisce e se vuole è indulgente e se vuole perdona, come colui che è
            caratterizzato dalla generosità, dall’indulgenza e dal perdono. Tutti questi sono limiti
            formali che appartengono al Vero. Sappi ciò su cui ho attirato la tua attenzione della
            scienza straordinaria riguardo a quella questione, poiché essa fa parte dei noccioli della
            conoscenza di Allah”. Il termine “ḥadd”, al plurale “ḥudūd”, ha il signif cato di limite,
            def nizione e pena legale: l’espressione “ḥudūdu-llahi”, letteralmente signif ca “i limiti di
            Allah”, ma poiché Allah non ha limiti va intesa come “i limiti stabiliti da Allah”. I limiti
            essenziali, cioè intrinseci all’essere, non possono essere trasgrediti: il servitore resta
            servitore ed il Signore (rabb) resta Signore. Il servitore può avere pretese di Signoria, ma
            resta pur sempre un servitore: solo i limiti formali o prescritti per Legge possono essere
            trasgrediti. Nella risposta alla Questione XXXII del questionario di at-Tirmiḏī [Cap.
            73 (II 63.28)], Ibn ʿArabī precisa: “Sappi che i limiti essenziali delle cose sono identici
            alle loro misure (maqādir) [intesi come ciò con cui si misura]. Il peso è la misura (qadr)
            [intesa come ciòche è misurato] e le bilance sono gli strumenti di misura per mezzo di
            cui le cose sono pesate. Le cose si conoscono per mezzo dei loro limiti e “Colui che non
            ha limite”, quella è la Sua def nizione (ḥadd)”. Tutto ciò ha una stretta connessione con
            quanto ha scritto René Guénon nel capitolo III, Mesure et manifestation, di “Le Règne de la
            Quantité et les Signes des Temps”. Inf ne va sottolineato che Ibn ʿArabī distingue “colui che
            è ingiusto verso la sua anima (ẓālim li nafsi-hi)”, in cui il verbo è intransitivo, e “colui
            che fa torto alla sua anima (ẓālim nafsa-hu)”, in cui il verbo è transitivo. Il primo è colui
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