Page 167 - I Segreti del digiuno al Futuhat FINAL
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            (akla  il pasto prima dell’alba. Così esso ha un aspetto rivolto al giorno
            ed un aspetto rivolto alla notte: per il fatto di avere un aspetto rivolto
            al giorno esso è chiamato pasto ( a ā ) e quindi [il Legislatore] ha fatto
            predominare in esso la proprietà del giorno sulla proprietà della notte.
            Analogamente ha fatto per la rottura: egli ha ordinato di af rettarla così
            che anche in essa ha fatto predominare il giorno rispetto alla notte, per
            l’esistenza delle tracce (ā ā ) del Sole. Quindi in essa [cioè nella rottura]
            il  pasto  ha  luogo  prima  della scomparsa  delle tracce  e  dei  segni  del
            giorno: il giorno in se stesso si è già ritirato, perché la realtà essenziale
            (ḥa   a  del giorno va dal sorgere del primo bordo del disco solare f no al
            tramonto dell’ultimo bordo del Sole, con cui scompare il disco solare. Le
            tracce del giorno all’inizio della notte vanno dalla scomparsa del Sole
            f no alla scomparsa del biancore [all’orizzonte] e le tracce del giorno
            alla f ne della notte vanno dal sorgere della prima alba f no al sorgere
            del Sole. Tuttavia, secondo la Legge, il sorgere della prima alba non
            impedisce di mangiare, e vi è divergenza riguardo alla seconda alba. Il
            punto di accordo [sul divieto di mangiare è il sorgere del] l’alba rossa e
            ciò che la precede non è aurora ( aḥa ), bensì notte, e ciò che viene dopo
            è giorno.




            appunto l’ultima parte della notte, cioè il tempo tra l’alba falsa e l’alba vera; lo stesso
            termine  serve  anche  ad  indicare  “il  biancore  che  copre  le  tenebre”,  ed  è  a  questo
            signif cato che fa riferimento Ibn ʿArabī. Nel Cap. 40 [I 235.35] egli precisa: “La magia
            ( iḥ ) è ciò in cui si manifesta un aspetto che corrisponde al vero, ma che in realtà non
            è vero. Il termine deriva dall’aurora ( aḥa ) temporale, che è la mescolanz di chiarore
            ( a  ) e di oscurità: essa non è notte, in quanto è mescolata con il chiarore dell’alba, e
            non è giorno perché il Sole non è visibilmente sorto. Analogamente è per quello che
            si chiama magia: essa non è falsa in modo assoluto, poiché sarebbe non esistente e
            l’occhio invece percepisce senza dubbio qualcosa, né è puramente vera, poiché sarebbe
            esistente in se stessa, ma essa non è come la vede l’occhio e come suppone l’osservatore”;
            e ancora, nel Cap. 271 [II 576.17], commentando il versetto XX-66 “[Mosé] rispose:
            Gettate noi [o maghi] per primi!. Ed ecco che le loro corde ed i loro bastoni gli parvero,
            per la loro magia ( iḥ ) divincolarsi a corsa”, precisa: “Per questo la magia si chiama
            “ iḥ ”, [termine] derivato dall’aurora, che è la mescolanza di chiarore ed oscurità; essa
            ha un aspetto che corrisponde all’oscurità, ma non è pura oscurità, ed un aspetto che
            corrisponde al chiarore, ma non è puro chiarore. Analogamente la magia ha un aspetto
            che corrisponde al vero, ed è ciò che appare allo sguardo dell’osservatore, ed esso è
            vero, ed un aspetto che corrisponde al falso, poiché la cosa non è in se stessa come la
            percepisce lo sguardo. Per questo gli arabi la chiamano magia e chiamano mago ( āḥi )
            colui che la esercita”.
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