Page 283 - I Segreti del digiuno al Futuhat FINAL
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282 al-Futūḥāt al-makkiyya
dicendo: “Vi metteremo alla prova sì da sapere (ḥattā a lama) ( ) chi
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446 Questo versetto, ed in particolare l’espressione “sì da sapere”, è riportato una
cinquantina di volte nelle Futūḥāt, e nel Cap. 411 [IV 16.24] Ibn ʿArabī af erma che “se
non vi fosse in questo libro nient’altro che questa questione, ciò sarebbe già suf ciente
per ogni essere dotato d’intelletto sano”. La questione sottesa da questa espressione
è che, malgrado Allah sia possessore della Scienza eterna, Egli sembra acquisire la
Sua Scienza dagli atti “temporali” dei Suoi servitori, come recita anche il versetto:”ed
Allah vedrà la vostra opera” (Cor. IX-105). Riportare tutti i commenti di Ibn ʿArabī
richiederebbe decine di pagine, mi limiterò pertanto a citare alcuni passi più attinenti
a quanto egli riporta in questo Capitolo. Una prima precisazione che fa Ibn ʿArabī è
che anche se l’espressione “ a lama” signif ca “sapremo”, questo sapere non è connesso
con il Nome “il Sapiente”, ma con il Nome “l’Informato”; come af erma nel seguito
del testo, si tratta della “scienza della prova”, non della “Scienza”. Nel Cap. 299 [II
692.10] egli precisa: “Il Nome “l’Informato (al- a )” ha uno dei signif cati (aḥkām) più
strani tra i Nomi, poiché la prova ( i a ha luogo per l’apprendimento della scienza
da parte dell’investigatore (mu i ) che mette alla prova (mu ta i ). Ora, nel caso del
Lato divino la Scienza è certa (muḥa a di ciò che avrà luogo da parte di chi è messo
alla prova (mu ta a ) e quindi Colui che mette alla prova non acquisisce una scienza.
Sembrerebbe dunque che questo Nome non abbia alcun signif cato: chi ne è più degno
è il servitore, per la sua ignoranza di ciò che avverrà quando sarà messo alla prova […]
quindi Allah, l’Altissimo, è stato denominato con un Nome che spetta al servitore. Il
signif cato di questo Nome riferito al Vero è la comunicazione della scienza a colui che
è messo alla prova riguardo a se stesso, per mezzo di questa prova, in modo da stabilire
l’argomento (ḥu a a suo scapito o a suo favore. Per questo [il Nome] “l’Informato”
non è connesso con l’Attributo della Scienza, contrariamente a quanto ritengono Abū
Ḥāmid [al-Gazālī] e al-Isfarāynī e la maggior parte degli uomini: se fosse come essi
suppongono si tratterebbe di un difetto [divino]. Ciò che li induce in questo errore è la
parola dell’Altissimo: “sì da sapere” […] La prova è un mezzo per ottenere la Scienza,
non la Scienza stessa: per via della prova Egli si chiama “l’Informato” e quando
ottiene la Scienza si chiama “il Sapiente” riguardo a quello stato (ḥāl)”. Poco oltre Ibn
ʿArabī af erma che il loro errore consiste nell’avere assoggettato Allah al tempo, senza
accorgersene”. Analogamente nel Cap. 335 [III 134.21] aggiunge: “Egli ha detto: “sì da
sapere” ed ha fatto della prova (i tilā ) la causa occasionale dell’ottenimento di questa
scienza, ma invero non si tratta della causa dell’ottenimento di questa scienza, bensì è la
causa occasionale per stabilire l’argomento (ḥu a , af nché sia decisivo”. Una seconda
precisazione, su cui Ibn ʿArabī insiste molto, è che la scienza segue [logicamente]
l’oggetto della scienza e questo vale anche per la Scienza divina; nel Cap. 508 [IV
147.25] egli precisa: “[Nel detto: “Chi conosce se stesso conosce il suo Signore”] egli ha
menzionato la scienza che tu hai di te stesso prima della scienza che hai di Lui, af nché
tu sappia qual è l’origine della tua scienza e com’è la Scienza che Egli ha di te. Egli ha
detto in ef etti: “E vi metteremo alla prova, sì da sapere”. In una delle nostre opere […]
abbiamo menzionato diversi signif cati del detto [ispirato]: “tu sei la radice ed Io sono il
ramo”. Uno di questi signif cati è che la Scienza che Egli ha di noi procede da noi stessi
e non da Lui” e nel Cap. 411 [IV 16.16] aggiunge: “Se qualcuno potesse argomentare
con Allah e dirGli: “La Tua Scienza aveva previsto al mio riguardo che sarei stato così:
non punirmi dunque”, il Vero risponderebbe: “Ti ho forse conosciuto diversamente