Page 70 - I Segreti del digiuno al Futuhat FINAL
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Muḥyīddīn ibn ʿArabī 69
Il bacio viene dall’avvicinamento (iqbāl) e la ricezione (qubūl)
dell’allocuzione faccia a faccia (fahwāniyya) ( ) fa parte dalla Presenza
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della lingua, che è il supporto del Discorso. L’avvicinamento verso di
Lui ha luogo anche per mezzo del Discorso che viene sentito, poiché
avviene nella contemplazione della similitudine. Si può concepire che
colui che vi si trova cerchi di avvicinarsi verso l’allocuzione faccia a fac-
cia, ma quando Egli gli parla, non gli consente di contemplare. Questa è
la stazione mosaica. Io l’ho gustata nella situazione (mawdiʿ) in cui Mosé,
su di lui la Pace, la gustò, sennonché io la gustai nell’umidità (billa) di
un pugno di sabbia. Mosé, su di lui la Pace, la gustò in ciò di cui aveva
bisogno (fī hāǧati-hi), poiché cercava del fuoco per i suoi; io mi rallegrai
che fosse acqua ( ).
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Abbiamo detto che quando Egli gli parla non gli consente di
contemplare, perché l’anima cercante (an-nafs aṭ-ṭāliba) è occupata
gli iniziati che hanno ef ettuato il nostro percorso di realizzazione”. Cfr. anche il breve
trattato intitolato “Il libro dell’estinzione nella contemplazione”, di cui oltre alla traduzione
francese pubblicata nel 1961 in Etudes Traditionnelles esiste anche una traduzione italiana
a cura di Younis Tawf k, edita da SE nel 1996.
74 Questo termine, probabilmente derivato dalla parola fāh, che vuol dire bocca, è
ignorato dai dizionari della lingua araba e non si riscontra in opere antecedenti a quel-
la di Ibn ʿArabī. Nella sezione CLIII del Cap. 73 [II 128.33], dedicata al linguaggio
tecnico dei Ṣūfī, è così def nito: “La fahwāniyya è l’allocuzione (ḫitāb) del Vero, faccia a
faccia (kāf ḥatan), nel Mondo della similitudine (miṯāl), e corrisponde al suo detto, che
Allah faccia scendere su di lui la Sua ṣalāt e la Pace, riguardo all’Iḥsān: “Adora Allah
come se lo vedessi”.”. Va osservato che una delle forme verbali derivate dalla radice
kafaḥa ha il signif cato di “baciare all’improvviso”. Sul simbolismo del bacio si può
consultare l’articolo di A.K. Coomaraswamy pubblicato nel 1946 nei numeri 253 e 254
di Etudes Traditionnelles.
75 Nel Cap. 350 [III 215.3] Ibn ʿArabī precisa: “Quanto a Mosè, su di lui la Pace, era
occupato a cercare il fuoco per la sua gente ed è questo che lo fece lasciare [il posto],
perché gli era stato ordinato di sforzarsi per la famiglia; i Profeti sono gli uomini che esi-
gono maggiormente dalle loro anime l’osservanza degli ordini del Vero. Quindi nella
sua anima non c’era se non quello verso cui andava, e quando vide ciò di cui aveva biso-
gno, cioè il fuoco ch gli apparve dall’albero dal lato destro del monte, il Vero lo chiamò
dall’oggetto stesso del suo bisogno in quanto corrispondeva al momento, [dicendo]: “In
verità Io sono il tuo Signore. Togliti i sandali, poiché tu sei nella valle santa di Tuwā,
ed Io ti ho prescelto. Ascolta dunque ciò che ti è rivelato. (Cor. XX-12 e 13)”, e non ha
detto: “…. ciò che Io ti rivelo”. Quanto all’af ermazione di Ibn ʿArabī riguardo alla sua
realizzazione di questa stazione mentre cercava dell’acqua, e non del fuoco come Mosé,
il termine mawdiʿ può anche essere tradotto come posto, ma non si trovano nella sua
opera indicazioni di una visita al monte Sinai.