Page 106 - Bollettino I Semestre 2019
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La Corte e.d.u. ha ricordato il principio per cui, per garantire l'equità nei procedimenti penali, un
imputato dovrebbe essere in grado di esaminare un testimone alla presenza del giudice che è
chiamato a decidere il processo. La Corte ha rilevato, tuttavia, che, in questo caso, erano state
concesse sufficienti garanzie procedurali idonee a controbilanciare il fatto che il ricorrente non
era stato in grado di riesaminare nuovamente i testimoni durante il nuovo processo da-vanti al
diverso giudice, sufficienti a garantire dunque che il procedimento, nel complesso, fosse stato
giusto. In particolare, egli aveva avuto la possibilità di esaminare in maniera completa i testimoni
a carico durante il primo processo, mentre il giudice del rinvio aveva avuto la disponibilità delle
trascrizioni delle deposizioni testimoniali, che aveva esaminato nel nuovo giudizio, ed aveva
altresì esaminato personalmente il testimone chiave, ossia la vittima.
1. Il caso
Il caso, deciso il 2 maggio u.s., traeva origine da un ricorso (n. 30180/11) contro l’Ucraina,
presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione
e.d.u., da Pavel Famulyak, un cittadino ucraino residente a Lviv (Ucraina).
Il Famulyak era stato arrestato nel luglio 2007 con l'accusa di aver aggredito e derubato un
uomo. In sede di interrogatorio, aveva reso dichiarazioni alla polizia, riferendo di essere stato in
compagnia della vittima la notte dell'aggressione, ma aveva negato di aver commesso il fatto
illecito contestatogli. Durante l'interrogatorio non era stato assistito da un avvocato, ma era
stato avvertito del diritto, costituzionalmente garantitogli, di non rilasciare dichiarazioni auto-
incriminanti. Egli aveva ribadito la sua versione dei fatti nel corso delle diverse fasi processuali,
essendo stato rinviato a giudizio con l'accusa di rapina aggravata.
Famulyak veniva quindi condannato secondo l’accusa originaria nel dicembre 2007 alla pena di
nove anni di reclusione. Il tribunale si era basato sulla testimonianza rilasciata dalla vittima,
dalla moglie e dagli agenti di polizia che avevano svolto l'indagine, unitamente al fatto che il
telefono cellulare della vittima fosse stato rinvenuto sulla persona dell’imputato e su alcuni referti
medici che attestavano le lesioni della vittima.
La Corte d'appello aveva annullato la sentenza, rinviando per nuovo giudizio davanti ad un
giudice diverso. Il giudice d’appello aveva richiesto in particolare che venissero approfonditi
alcuni aspetti relativi all’aggressione, vale a dire il fatto che ricorrente aveva lanciato un mattone
contro la vittima e lo aveva colpito con una bottiglia. Il Famulyak veniva però condannato
nuovamente nel giugno 2009. Il giudice, nel nuovo processo, aveva riesaminato la vittima oltre
che le trascrizioni di tutte le prove testimoniali assunte nel primo processo. Tuttavia, la difesa
non aveva avuto la possibilità di contro-esaminare la vittima né i poliziotti che avevano svolto le
indagini. Nel dicembre 2009 e nell'aprile 2011, rispettivamente, la Corte d'appello e la Corte
suprema avevano respinto i ricorsi del Famulyak con cui si eccepivano delle irregolarità
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