Page 87 - Bollettino I Semestre 2019
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Secondo il parere reso dai giudici dissenzienti, la Corte incorre in errore nel momento in cui
            considera la denuncia ai sensi dell’art. 8 CEDU coperta,  a priori, da quella avanzata ai sensi
            dell’art. 3 CEDU, ciò in quanto tali disposizioni normative non sono considerate sovrapponibili in

            giurisprudenza, né si trovano in relazione l’una con l’altra quali lex generalis e lex specialis. Gli
            artt. 3 e 8 della Convenzione rimangono, invero, territori legali separati, ne discende che solo in
            presenza di circostanze particolari o, meglio, di elementi fattuali comuni che determinino una
            sovrapposizione delle censure formulate dal ricorrente può, la Corte, astenersi dall’esaminare la

            medesima situazione fattuale dal punto di vista di tutti gli articoli invocati.

            9.3.  L’approccio  basato  sul  principio  secondo  cui  le  denunce  ai  sensi  dell’art.  3  e  dell’art.  8

            sollevano questioni giuridiche distinte (del resto, le visite familiari o coniugali sono cosa ben
            diversa dalle condizioni di detenzione ed irriducibilità della pena) era, ad avviso di questi giudici,
            radicato nella pratica della Corte, almeno fino all’avvento della formula Câmpeanu, o, piuttosto,

            fino alla sua applicazione indiscriminata, come accaduto nel caso di specie. In realtà, il giudice
            Kūris chiarisce come tale formula non sia stata introdotta per la prima volta nel caso che ha dato
            il nome al modello, poiché ancor prima, precisamente già nel 2012 [con il caso Stanev v. Bulgaria
            (GC), no. 36760/06, ECHR 2012], l’esame delle “principali questioni giuridiche” veniva dedotto
            dalla  Corte  affinché  questa  potesse  essere  assolta  dalla  necessità  di  esaminare  alcune  delle

            ulteriori questioni. Tuttavia, ciò avveniva sempre e solo se le denunce ai sensi degli articoli 3 ed
            8 CEDU erano correlate tra di loro per effetto del medesimo contesto fattuale di riferimento.


            9.4. Dal 2014 in poi, il ricorso alla richiamata formula è, però, divenuto sempre più frequente
            tanto che è diventato quasi naturale nonché rituale l’utilizzo dell’espressione “non c’è bisogno di
            esaminare” in tutti i casi in cui la Corte ritiene di aver già affrontato alcune “questioni giuridiche”

            principali, come nel caso in esame. Secondo il parere espresso nella dissenting opinion, qualora
            la giurisprudenza della Corte dovesse proseguire verso tale direzione si rischierebbe non solo di
            elidere l’onere motivazionale e decisionale espresso dall’art. 45 CEDU a vantaggio di autocitazioni
            meccaniche,  acritiche  ed  indiscriminate  di  una  formula  che  non  è  affatto  universale,  ma  si

            livellerebbero,  altresì,  quei  ricorsi  aventi  un  numero  maggiore  di  accuse  con  quelli  che  ne
            contengono di meno. Ulteriormente, secondo i giudici dissenzienti, la maggioranza, etichettando
            bruscamente le questioni giuridiche già esaminate nel presente caso come "principali" avrebbe

            efficacemente classificato, a contrario, le questioni derivanti dalla denuncia di cui all'articolo 8
            come "non principali".




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