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di governo: tra il 1849 e il 1858 il Piemonte contrasse all'estero, principalmente con il
               banchiere James Rothschild, debiti per 522 milioni - quattro annate di entrate fiscali.
               La gestione della finanza pubblica del novello Regno d’Italia, invece di farsi carico di
               programmi di sviluppo del  nuovo Stato,  rincorse illusori obiettivi  di  "pareggio  del
               bilancio". Per ottenerlo si imposero nuovi tributi, ci si affrettò a svendere sottocosto i
               beni demaniali e quelli ecclesiastici concentrati prevalentemente nel Sud con colossali
               profitti per gli acquirenti e cattivi affari per lo Stato.
               Per quanto riguarda il Tesoro del nuovo regno d’Italia il contributo più alto lo pagò il
               Sud che, al momento della annessione, partecipò per i 2 / 3 alla sua costituzione
               (considerando anche il successivo apporto di Roma e Venezia). Il capitale circolante
               delle Due Sicilie corrispondeva a 22 miliardi di Euro attuali ed era più del doppio di
               quello di tutti gli altri stati della penisola messi insieme. Le monete erano in metallo
               nobile e la differenza tra il valore intrinseco e quello nominale era garantita in oro
               mentre la lira piemontese, invece, lo era  solo in rapporto 3  a 1, cioè su tre lire
               circolanti, solo una era convertibile in oro.

               Riserva aurea, in milioni di lire, degli  antichi Stati italiani al momento delle
               annessioni:

               Due Sicilie: 445,2
               Lombardia: 8,1
               Ducato di Modena: 0,4
               Parma e Piacenza: 1,2
               Roma (1870): 35,3
               Romagna, Marche e Umbria: 55,3
               Piemonte: 27
               Toscana: 85,2
               Venezia (1866): 12,7

               TOTALE: 640,7

               640 milioni di lire dell’epoca, attualizzabili a circa 31,6 miliardi di euro sui quali, per
               via dell’indebitamento nei confronti di Francia e Inghilterra dovuto alla campagna di
               unificazione del Regno d’Italia, gravava già allora una sorta di ipoteca a garanzia dei
               debiti contratti.
               Ciclicamente la storia si ripete. Potremmo citare altri casi analoghi nel corso della
               storia d’Italia, ma, per esigenze di brevità, veniamo subito a tempi più recenti, con un
               salto di circa 140 anni arriviamo a momenti storici molto più vicini, quasi di cronaca.
               Nel 1992, una settimana dopo la strage di Capaci, e con esattezza il 2 Giugno 1992 ,
               al largo di Civitavecchia, con gli onori di casa della Regina Elisabetta ospitati sul
               Panfilo Britannia Draghi, allora direttore generale del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi,
               in qualità di governatore della Banca d’Italia, si incontrarono con un centinaio tra
               rappresentanti della finanza anglosassone americana rappresentata da marchi quali
               Barclays, Warburg, azionista della Federal Reserve, Pricewaterhouse Coopers – ex
               Coopers & Lybrand – Barings – oltre alla onnipresente Goldman Sachs ecc. e degli
               ambienti industriali e politici italiani. Era presente anche Costamagna, che diventerà



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