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Quindi vedremo crescere la popolazione mondiale, crescere  esponenzialmente la
               money supply, la quantità di banconote in circolo, mentre la quantità pro capite di oro
               declinerà. Fenomeno che, forse già  previsto nei decenni passati, contribuì
               all’abbandono  del Gold  Exchange  Standard, svincolando l’emissione di moneta
               dall’elemento fisico a garanzia della stessa, dando così il via libera alle speculazioni
               sui mercati monetari e finanziari di cui oggi forse paghiamo lo scotto più alto.
               Secondo le logiche di potere diventa   abbastanza chiara l’importanza per l’élite di
               comando concentrare il più possibile le riserve d’oro estratte fino a oggi e accumulate
               nelle riserve auree delle nazioni. Il 2001, caratterizzato da un volume di produzione
               non più ripetibile segna anche il “punto di non ritorno”, ovvero il momento in cui i
               piani dell’élite prendono la triste piega che caratterizza la nostra storia recente. E noi
               ricordiamo bene cosa accadde nel Settembre del 2001…
               In sostanza, quando questi ‘signori’ realizzano che la produzione annua dell’oro ha
               raggiunto il suo apice e che può soltanto diminuire, contestualmente a un aumento
               della popolazione e del prezzo del bene in  oggetto,  diventa  per loro impellente la
               necessità di chiudere il cerchio e realizzare il massimo vantaggio dalla situazione –
               forse anche considerando l’appropinquarsi di una profetica scadenza.
               Come fare pertanto a riuscire a impossessarsi di tutte le ricchezze del mondo sotto
               forma del prezioso metallo senza turbare troppo l’opinione pubblica e possibilmente
               senza farsi capire, né tantomeno fare scoprire la finalità di queste operazioni?
               La storia, questa volta quella tradizionale, ci può dare una mano. In  particolare  è
               proprio la storia d’Italia, fin dalla sua nascita, a fornirci i suggerimenti migliori.
               Vittorio Emanuele II, il 17 marzo 1861, assunse il titolo di Re d'Italia in aperta
               violazione del trattato di Zurigo del 10 novembre 1859, in cui all'art. 3 veniva stabilito
               che " il re di Sardegna non cambierà affatto di titolo, oppure, se tiene a modificarlo,
               egli non prenderà che quello di Re del reame cisalpino", cioè dell'Italia settentrionale.
               Nonostante questo, la prima potenza europea a riconoscere il neonato Regno d’Italia
               fu, guarda caso, l'Inghilterra, il 30 marzo, proprio  quell’Inghilterra che  nel 1861
               deteneva il primato del potere finanziario attraverso le grandi banche internazionali
               presenti nella city.
               Il titolo di re d'Italia aveva un preciso  intento  politico: servì a sanzionare le
               annessioni compiute, ad annichilire la speranze di restaurazione dei principi deposti,
               ad arrogarsi la sovranità sulle Due Sicilie che venivano cancellate dal novero degli
               Stati europei, ed a mettere l'ipoteca sui territori del Papa non ancora usurpati e su
               quelli ancora sotto dominio austriaco.
               Per quanto riguarda la politica estera, essa impose un gigantesco indebitamento verso
               le grandi  potenze amiche: Francia e, esatto, ancora la solita Inghilterra. La sola
               spedizione di Crimea del 1855 causò un'esposizione che si  riuscì ad estinguere
               addirittura nel 1902. "Ci fu un indebitamento colossale, coprire un debito con un altro
               debito, pagare una rata d'interessi facendo ancora un debito era diventato il sistema


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