Page 86 - LA SICILIA - Cesare Ferrara
P. 86

Puglia, la Calabria e la Campania, o ‘appujari’, cioè appog-
                giare.  Stesso  discorso  per  la  ‘buatta’  (contenitore  di  latta  o
                barattolo),  usata  ancora  oggi  anche  nella  lingua  napoletana,
                ‘custureri’ (sarto), ‘firranti’ (grigio), ‘mustàzzu’ (baffi), da cui
                probabilmente  deriva  il  termine  mustazzolo,  ad  indicare  il
                tipico dolce siciliano a base di vino cotto, sesamo, cannella,
                chiodi di garofano e pepe nero, che in Puglia viene preparato

                con mandorle, limone, cannella, farina e miele, e che si pre-
                para, con ulteriori varianti, anche in Calabria e Campania; il
                termine ‘raggia’ (rabbia), anch’esso condiviso con altre lingue
                del Sud, e il termine ‘travagghiari’, dal quale sorge il francese
                moderno  ‘travailler’  e  il  castigliano  ‘trabajar’.
                Di notevole importanza è stata, per il siciliano, anche l’influ-

                enza lombarda, determinata dall’invasione normanna (ad op-
                era di armate provenzali e piemontesi soprattutto), che hanno
                portato  alla  formazione  dei  cosiddetti  dialetti  gallo-italici,
                che ancora caratterizzano le zone di San Fratello, Novara di
                Sicilia, Nicosia, Sperlinga e Piazza Armerina.

                Derivanti  dal  lombardo  sono  infatti  i  termini
                ‘soggiru’  (suocero),  ‘figghiozzu’,  e  i  giorni  della  settimana.
                La  cosiddetta  ‘Scuola  poetica  Siciliana’  ha  poi  subito  una

                grande  influenza  da  parte  del  provençal, grazie all’inter-
                vento di Federico II di Svevia, tra le cui parole principali ri-
                cordi amo      es serci    ‘addumari ’      (accendere),
                ‘aggrifari’ (rapinare), ‘burgisi’, che era il termine con cui si
                definiva l’antico proprietario terriero siciliano, e ‘lascu’, cioè
                molle, largo.


                                          86
   81   82   83   84   85   86   87   88   89   90   91