Page 144 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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ne andava in fretta, dopo il ricovero.
Fuori uno, dentro l’altro. E lui ne aveva visti passare tanti.
Con alcuni aveva chiacchierato di vecchie storie, prima che
passassero oltre la soglia.
Era stato perfino piacevole, sentirsi utile, nei confronti di que-
gli esseri umani così fragili, così soli, così indifesi.
Con altri non c’era stato proprio modo. Risultavano vivi, ma
erano già morti. Non si muovevano, non parlavano. Li
nutrivano con delle flebo infinite, che scendevano goccia a
goccia, come formichine in fila indiana.
Tin, tin, tin. Fino a che qualcuno si accorgeva che non serviva
più, che era tutto finito.
A volte mettevano un separé, per coprire alla vista le persone
che erano mancate. Altre volte no.
Lui, vecchio marittimo, li osservava prima e dopo. E non no-
tava differenza. Erano lì, come scafi all’ormeggio. Avevano
navigato troppo, o forse solo male. Erano dei navigli in ab-
bandono, che aspettavano solo di sparire.
E sparivano, infatti, uno dopo l’altro.
All’inizio, Remo era rassegnato.
Era “terminale”. Quella parola gli si era stampata nella testa,
come fosse il suo nuovo nome.
«Sono terminale, sono terminale».
Un po’ alla volta, visto che non moriva, aveva preso a studiare
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