Page 154 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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un po’ più avanti, infilandosi sotto il marmetto del davanzale.
E Remo, spalancati gli occhi, vide due ali spalancate, bian-
chissime, lucide. Era un gabbiano.
«Il cielo c’è. Il cielo c’è…». Il gabbiano parve vederlo, o così
pensò l’uomo. Sentì un richiamo, quasi un saluto. Garriva. Era
quasi una risata, stridula e al tempo stesso soave. Vide quella
testolina rotonda, l’occhietto chiaro, circondato di rosso, il
becco uncinato. L’ultimo gabbiano che aveva visto, era un
“amico” che lo raggiungeva spesso in barca, e stava lì finché
non dividevano un pesce, per colazione. Lo adorava. Era la
forma di vita che gli era mancata di più, quando era stato
costretto a fermarsi, quando era iniziata quella lunga stagione
di ricoveri.
«Sei tu?», pensò. Chissà se era proprio il “suo” gabbiano.
Quelle ali spiegate erano così straordinariamente belle, libere,
sontuose. E sopra, in alto, era tutto azzurro. Non c’erano nu-
vole. Non c’era niente, solo libertà.
Remo era estasiato. «Ora non posso più morire – pensava –
ora sono salvo». Ed era un pensiero che gli dava gioia, una
gioia mista ad euforia. «Che strano – si disse – non mi sono
mai sentito così bene in vita mia. Non ricordo di aver mai
provato una sensazione di pace, come in questo momento».
Non si era accorto di aver strappato via, spostando il letto, uno
dei fili che collegavano il sistema di allerta, quello che gli
consentiva di chiedere aiuto, in caso di necessità.
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