Page 158 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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semplicemente possibile, aprire gli occhi e fingere di non ve-
dere più le macchine in fila, i container, le gru, le ciminiere.
E, soprattutto, riuscire a respirare senza stare male. Restava
solo l’alternativa di andare via, ma Rina sapeva che non
avrebbe mai cambiato città. Ci aveva pensato, tanto tempo
prima, ma ora non era una ragazza, non più. Aveva rimandato
troppo. C’era stato sempre qualcos’altro da fare, ogni volta
che avrebbe potuto prendere la valigia e andare via.
«Sarà per un’altra volta», ripeteva. E forse, chissà, non era
neanche vero. Forse non se la sentiva, di mollare tutto e an-
dare via. Forse preferiva restare lì, nel suo porto senza vento,
nella sua noia quotidiana, come una barca rotta, che non sa
più partire.
L’aspetto positivo del suo carattere, però, era quello di non
rimpiangere mai. Non le importava niente, del giudizio degli
altri. Viveva la sua vita, senza chiedere e senza dare. Si sen-
tiva come un giocatore da panchina, che esiste ma non scende
in campo. E che, a forza di non giocare, diventa sempre più
evanescente, fino a sparire, senza che nessuno se ne accorga.
Rina aveva lavorato per tanti anni in uno studio. Teneva la
contabilità. La chiamavano tutti “la signorina”. E ci teneva,
lei, a quel titolo, che sfoggiava come un vanto. «Se avessi vo-
luto – confidava, di rado – avrei potuto anch’io trovare, siste-
marmi, ma non volevo accontentarmi, ecco». Ed era vero.
Nella strada fra la casa e la scuola, era cresciuta senza guard-
arsi attorno. Si rifugiava nei suoi numeri, nei suoi calcoli, e si
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