Page 162 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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La quarantena non le aveva cambiato la vita, a dire il vero.
                Trascorreva  sempre  più  tempo  in  casa,  ormai  da  mesi.  Non
                sentiva più  il desiderio  di  incontrare il resto  del mondo.  Lo
                osservava,  piuttosto,  dietro  i  vetri  di  casa.  E  quella  che
                preferiva,  era  la  finestra  che  dava  sul  viale.  Là  dietro,
                nonostante il traffico, spuntava uno spicchio di mare. Era un
                mare  nascosto,  fra  pile  di  container  e  movimenti  dei  treni

                merci, navi e ciminiere. E lo spicchio si era fatto nel tempo
                sempre più sottile, tanto che Rina temeva che sarebbe sparito.

                A tormentarla non erano le luci, accese anche la notte, e nem-
                meno il rumore. Il problema era l’aria. Era pesante. E Rina,
                che era pratica di dati e di statistiche, controllava i valori reg-
                istrati dalle centraline, nella speranza di trovare valori un po’
                meno allarmanti.  Invece no.  L’inquinamento  rimaneva  altis-
                simo. Ed era inutile protestare. Era così dappertutto.

                «Non esiste attività umana che non inquini – si diceva – me
                ne  devo  fare  una  ragione.  L’uomo  è  l’animale  peggiore.
                L’uomo consuma, devasta, divora. Non si accontenta di avere

                quanto gli serve per sopravvivere. Vuole tutto. Abbatte piante,
                uccide  i  corsi  d’acqua,  caccia  gli  animali.  L’uomo  non  si
                ferma, non ha pace. È l’economia che gira e gira, e nessuno
                sembra capire che stiamo andando alla rovina, che dovremmo
                mitigare gli effetti devastanti sul pianeta e sulle sue forme di
                vita.  Il  prezzo  del  lavoro,  l’altra  faccia  del  benessere,  è  la
                malattia. E siamo tutti sotto ricatto».




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