Page 150 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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fatica, e a raggiungere il bagno. Ci teneva, a lavarsi il viso, a
non chiedere aiuto, per quelle minime operazioni di auto suf-
ficienza, che ancora si sforzava di compiere da solo. Era,
però, molto debole. E si trascinava, chino, con passi così lenti,
che solo per attraversare la stanza impiegava a volte più di
un’ora, fermandosi e aggrappandosi, per poi azzardare un al-
tro passetto.
All’inizio, il personale sanitario gli aveva detto di non farlo.
Gli avrebbero portato una padella, un pappagallo.
Quegli oggetti, dal nome simpatico, erano però ai suoi occhi il
segno della resa. Non accettava di averne bisogno. Era certo
che nel giorno in cui avesse detto di sì, sarebbe precipitato
nella più cupa disperazione.
«Finché ci riesco – aveva risposto – vado da solo. Tanto devo
passare il tempo». E così era stato.
«Se anche dovessi morire d’infarto, per la fatica – si era detto
– sarebbe comunque la morte migliore».
Nella confusione scatenata dal Covid-19, Remo era rimasto
come un naufrago, in una stanzetta da solo. Era stato un gesto
di cortesia. Non volevano esporlo al contagio. Per la prima
volta, si era sentito come il comandante di una corrazzata,
grande e potente, senza nessuno che potesse dirgli che cosa
fare e che cosa non fare. E aveva cominciato a spostare, pia-
nissimo, un centimetro alla volta, il letto.
Doveva stare attento, perché c’erano dei fili, che collegavano
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