Page 198 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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lo voglio nell’armadio…».
Non che fosse un rapporto finito, il loro. No. Era soltanto un
rapporto annoiato. Non era stato mai un grande amore, nem-
meno all’inizio, ma un amore come tutti gli altri. Si volevano
bene. Solo che la routine aveva coperto di stanchezza tutti i
gesti quotidiani. Era come se una patina collosa, una sorta di
gelatina, li avesse ricoperti da capo a piedi, impedendo loro
qualsiasi guizzo di libertà. Come criceti, che seguono lo stesso
itinerario infinite volte, passando rapidi nei tunnel di plastica
e correndo forsennati sulle ruote colorate, anche loro ese-
guivano gli stessi movimenti, ogni santo giorno, alla stessa
ora, con le stesse parole. E con gli stessi occhi spenti. La
morte era piombata sulla loro vita, monotona, appiattita, stra-
volgendo ogni cosa. Era successo quando il covid 19, con
quel suo nome da agente segreto, aveva tentato di prenderseli
tutti quanti. Febbre, mal di testa, dolori. Solo che la madre ed
i bambini erano risultati a posto, nonostante quei sintomi so-
spetti, mentre il padre era finito all’ospedale, intubato, con la
febbre altissima. E da quel giorno era iniziata una spasmodica
attesa.
«Due settimane, eh? Due settimane, sono stati in quella
stanza. Non riuscivo a sopportare il dolore. Era soprattutto la
mia testa, che sembrava impazzita. Mi proiettava davanti im-
magini strazianti. Non le ricordo. So solo che volevo morire,
volevo morire e basta. Purché tutto finisse, purché quel dolore
avesse fine».
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