Page 250 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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parlavano. Era tutto finito.
                «Io  non  riesco  a  capire  –  si  chiedeva  Marisa  –  come  sia
                possibile che una persona svanisca così. Tutti i suoi pensieri,

                tutte  le  sue  emozioni,  tutti  i  suoi  sentimenti.  Tutto  evapora,
                tutto  finisce.  E  cosa  resta,  poi,  di  anni  e  anni  di  vita,  di
                rapporti umani. Niente, assolutamente niente».

                Era  precisa,  Marisa,  nel  suo  lavoro.  Era  accorta,  puntuale.
                Non  trascurava  niente.  Comprendeva  l’importanza  di  quel
                ruolo,  un  po’  negletto,  un  po’  marginalizzato,  eppure
                importantissimo, nella cura dei pazienti.

                «Senza  di  noi  –  pensava  –  medici  ed  infermieri  non
                potrebbero comunque provvedere a tutto quel che serve a chi
                sta male. Dovrebbero considerarci un po’ di più». E mentre
                lavorava,  mentre  sistemava  quelle  persone  smarrite,  cercava

                di sorridere. Indossava un’espressione di speranza, che faceva
                a pugni con la sua inquietudine.
                Un po’ alla volta, tutti quei volti diventavano uno. Qualcuno

                ce  la  faceva,  altri  no,  ma  per  tutti  quegli  anziani,
                l’appuntamento  era  soltanto  rimandato.  E  questo  groppo  in
                gola non le consentiva di affrontare le sue giornate in modo
                sereno. Perché finiva per affezionarsi a quegli sguardi, e non
                riusciva a mantenere il distacco che serve a difendersi, a non

                lasciarsi travolgere dalle emozioni.
                Si era incuriosita di una vecchina tutta sola, che riposava nella
                stanza più piccola del reparto. L’avevano isolata quasi subito.


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