Page 251 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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Era risultata positiva. E a distanza di tanti giorni, ancora il
virus non l’aveva abbandonata. Marisa non era riuscita a
vederla sveglia una sola volta. Dormiva sempre. O, forse,
teneva gli occhi chiusi. Era tutt’uno col lenzuolo.
Bianchissima, di pelle e di capelli.
«Chissà – si chiedeva Marisa – di che colore ha gli occhi».
Le mani avevano dita sottili e affusolate. Doveva pesare una
manciatina di chili. Nessuno aveva chiesto notizie, nemmeno
per telefono. Capitava di trovarsi lì fuori dei familiari, che
salivano di nascosto, che chiedevano informazioni, rischiando
denunce e sanzioni. Erano situazioni delicatissime.
Umanamente, era terribilmente comprensibile, che un figlio
chiedesse della madre, che un nipote volesse sapere del
nonno. Ma quel virus non consentiva di spalancare le porte, di
aprire ad un ultimo abbraccio. Quel virus depredava le
persone, le costringeva a rimanere fuori dalla vita dei propri
cari, proprio nel momento in cui loro si avviavano agli ultimi
passi del cammino.
«Chissà – si chiedeva Marisa – se l’ombra della solitudine
rende più doloroso il distacco. Chissà se ci si accorge che il
momento è arrivato. Chissà se cambia qualcosa, in fondo, se
si va via stringendo una mano amica, oppure no».
Sanificando la camera della vecchina addormentata, Marisa
continuava a interrogarsi sul senso della vita e della morte.
Senza accorgersene, aveva preso a canticchiare una
filastrocca, che la mamma le cantava quando era bambina. Era
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