Page 264 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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uscire, non è che poi si ammala?».
«No, no – rispose – tante persone, sai, continuano a lavorare.
Non solo medici e infermieri, ma anche camionisti e
commesse, tutti quelli che fanno sì che possiamo continuare a
comprare quello che serve per vivere».
«Ma Luca dice che sua mamma resta in casa…».
«E noi siamo contenti per lui – disse il padre – ma siamo
ancora più contenti di avere una mamma come la tua, che si
sta facendo in quattro, per portare qualcosa a casa».
Il bimbo sorrise. Era contento della mamma. Era contento
della sua vita. Non aveva mai pensato alla vita degli altri. Al
massimo, pensava sempre a quella dei bambini più poveri.
Glielo avevano insegnato a scuola, e al catechismo. Gli
avevano detto che c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi,
che non dobbiamo essere egoisti. Solo che in quei giorni,
chiuso in casa, tutte quelle foto di Luca gli avevano messo un
po’ di curiosità. Pace per l’astronave del padre. Pace per il
fatto che lo sceglievano sempre per le recite a scuola e
all’oratorio. Pace che non lo rimproveravano mai, anche
quando la colpa era sua.
«Comunque – gli disse il padre, cogliendo quello sguardo
sconsolato – Luca non sa giocare a pallone. È una scarpa. Al
massimo, lo sai, lo mettono in porta. Vedi che ognuno ha la
sua croce?».
Risero di quella battuta. Era così. Luca era anche un ragazzino
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