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come  un  soldato  russo.  Ripensai  alle  adunate  oceaniche,  ai
          tempi del Duce, ai tempi belli della mia vita da balillla.

          Attenti!...Camerati, il grande eroe Giuseppe Stalin sta per arri-
          vare, ricevetelo in modo glorioso!.

          Le bande militari intonarono inni patriottici e marce militari,
          le  acclamazioni  che  crescevano  di  mano  in  mano  ci  fecero
          capire che si avvicinava. Passo’ tra di noi scuotendo orizzon-
          talmete la mano e noi rispondemmo con il pugno chiuso e gri-
          dando a squarciagola. Sapevamo che ogni movimento nostro
          era controllato, e misurato.

          Eccolo sul palco.  Le  grida arrivano  alle stelle.  Fa un cenno

          brevissimo e subito scende un silenzio di tomba. Chiudo gli
          occhi  e  ripenso  al  tempo  passato  e  mi  par  di  udire  ancora:
          “camicie  nere  della  rivoluzione,  ufficiali,  sottoufficiali  al  di
          qua ed al di la' del mare.... ascoltatemi”. Riapro gli occhi, sul
          palco non c’era il Duce, c’era uno piu’ basso di lui, con tanti
          capelli in testa e baffi spioventi, occhi grifagni. Comincio’ a
          parlare lentamente, quasi sottovoce per attirare la nostra atten-

          zione,  poi  si  riscaldo’  e  parlo’  per  circa  mezz’ora.  Natural-
          mente  in  perfetta  lingua  russa,..  Capivo  qualche  parola,  mi
          pareva di seguire anche il filo del discorso ma con tre mesi di
          scuola, cosa potevo capire? Pero’ ero bravissimo nel gridare e
          battere le mani quando gli altri davano il via.

          Quando  Baffone  e  la  dozzina  di  generali  che  lo  accompag-
          navano  ebbero  lasciato  il  palco  scomparendo  in  fondo  alla
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