Page 736 - Lezioni di Mitologia;
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                   Non  fia chi te dai versi miei cancelli
                   Fin che ai fasti Latini  il tempo serva,
                   E staran d'Ilio  i  lari, e l'alta sede
                  Di tanto regno. Eran consorti e figlie
                   Contaminate, e sol piene di mostri
                  E l'isola crudel. La man pietosa
                   Armata,  al padre suo disse: Deh! fuggi,
                   Fuggi la patria e me: non han      gli  offesi
                   Nemici la cittade  : è nostra colpa
                   Questa: l'autor, deh! non cercarne: ah! fuggi:
                   Rapisci un dono della mente incerta.
                   Padre, trattieni alla tua figlia  il brando!
                Disse, e di Bacco   al consapevol tempio
                   Guidò piangendo    il genitor tremante.
                                  Valerio Flacco, Argon.^  lib.  ii, v. 78.


                Udite adesso la fine infelice di Penteo, che    dal
              Poema di Nonno ho tradotto.

                Vide  dell' arbor sulla cima assiso
                   La madre, qual lion tremendo,     il figlio
                   Che con lo dio combatte, e lui mostrava
                   Alle Baccanti del furor compagne.
                   Fera,  il savio chiamò con voce insana!
                   Quasi corona a lui circola intorno
                   La turba feminil;  di foglie ornato
                   Laccio l'arbore stringe, e in un col ramo
                   Penteo brama atterrar: l'unite mani
                   Scotono  il tronco, la commossa terra
                   Già  si solleva, liberate sono
                   Le radici dal suol, parte dell'ombre
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