Page 268 - I Segreti del digiuno al Futuhat FINAL
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Muḥyīddīn ibn ʿArabī 267
af nché il colloquio [con Allah] (munāǧa) in queste due ṣalāt sia con un
alito buono, perché il tempo del digiuno è f nito ed il suo alito cattivo
dopo la f ne del tempo del digiuno non è l’alito cattivo di chi digiuna,
che sussiste f ntanto che digiuna. Invero Allah, in questa notif cazione
che ha trasmesso l’Inviato di Allah, che Allah faccia scendere su di lui
la Sua ṣalāt e la Pace, ha detto che: “l’eccellenza (ṭīb) ( ) presso Allah
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dell’alito cattivo della bocca di chi digiuna” ( ) si attualizzerà nel Gior-
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no della Resurrezione, se capita a colui che digiuna di non farlo cessare
[durante il digiuno]. Se dunque lo fa cessare con il nettadenti o per mez-
zo di qualcosa che non rompa il suo digiuno, ciò è più puro ed eccellente
(aṭyab), e così si trasferisce da un’eccellenza (ṭīb) ad un’[altra] eccellenza e
soddisfa Allah. L’alito cattivo non ha ef etto sul digiuno.
È stato tramandato che “Allah è più degno che ci si abbellisca per Lui”
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( ), e del farsi bello fa parte far sì che gli odori siano gradevoli e far
cessare ciò che in essi è sgradevole. “Invero Allah è Bello ed ama la
Bellezza” ( ): ogni cosa ha una bellezza che è correlata ad essa ed im-
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plicita in essa, tra le cose di cui gioisce colui che percepisce per mezzo
di quella stessa percezione; l’udito, la vista, l’olfatto, il gusto ed il tatto
in ciò che è udito, visto, odorato, mangiato o toccato. Inoltre è stato
riferito che: “Una ṣalāt fatta con un nettadenti (bi siwāk) ( ) è migliore
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di settanta ṣalāt fatte senza nettadenti (bi-gayri siwāk)” ( ). Dal punto di
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vista dell’allusione esoterica (išāra), ”altro che te (siwā-ka)” ( ) è il tuo
416 Il termine arabo “tīb” signif ca sia “squisitezza” ed “eccellenza”, che “profumo”: si
potrebbe rendere in questo caso come “profumo gradevole”.
417 Ḥadīṯ riportato da al-Buḫārī, XXX-2 e 9, LXXVII-78, Muslim, XIII-162 a 164,
at-Tirmiḏī, VI-54, an-Nasāʾī, XXII-41 a 43, Ibn Māǧa, ad-Dārimī, Mālik, e da Ibn
Ḥanbal.
418 Ḥadīṯ non recensito nelle raccolte canoniche.
419 Ḥadīṯ riportato da Muslim, I-147, Ibn Māǧa, e da Ibn Ḥanbal.
420 Cioè dopo essersi puliti i denti.
421 Ḥadīṯ riportato da Ibn Ḥanbal, XI-272.
422 Questo genere di spiegazione di una parola, non così raro nell’opera di Ibn ʿArabī,
ricorda il nirukta della tradizione indù, riguardo a cui René Guénon scriveva: “Cette
explication du mot Purusha ne doit sans doute pas être regardée comme une dérivation
étymologique; elle relève du Nirukta c’est-à-dire d’une interprétation qui se base
principalement sur la valeur symbolique des éléments dont les mots sont composés, et
ce mode d’explication, généralement incompris des orientalistes, est assez comparable
à celui qui se rencontre dans la Qabbala hébraïque; il n’était même pas entièrement