Page 156 - Bollettino I Semestre 2019
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principio del ne bis in idem, ma ciò avviene solo quando, per le caratteristiche del caso concreto,
vi sia stata effettivamente una duplicazione di risposta punitiva per lo stesso fatto.
b) la definizione del concetto di “bis”, soffermandosi sul concetto di “giudizio definitivo”,
sulla rilevanza di una pronuncia di “non luogo a procedere” e sulla chiusura di un procedimento
per causa estintiva come l'amnistia
c) la definizione del concetto di “idem”, compiendo un excursus della giurisprudenza dal
caso “Gradinger” a quello “Zolotukhin”, e soffermandosi poi su quest'ultimo e sulla
giurisprudenza successiva, analizzando infine la situazione di “procedimenti paralleli”.
La stessa si conclude con un accenno al tema del ne bis in idem nel diritto della UE, attese le
strette connessioni, ma anche le differenze – che è bene avere presenti – con cui il principio si
articola nei due sistemi.
2. Ambito applicativo del principio
2.1. L'articolo 4 del protocollo n. 7 è applicabile in relazione a violazioni di natura penale nel
senso della Convenzione.
1. L'art. 4 del protocollo n. 7 è applicabile ai procedimenti di natura penale, nel senso della
Convenzione, intendendosi per tali quelle che fanno riferimento ai c.d. criteri Engel:
qualificazione della condotta nella legge nazionale, la natura dell'offesa ed il grado di severità
della sanzione.
2. nel caso Mazni contro Romania, del 21 settembre 2006, si discuteva della sanzione del
ritiro della patente di guida; la Corte la ha considera di natura penale, sebbene qualificata come
amministrativa dalla legge nazionale, ma per la contemporanea applicazione della sanzione
penale principale ha ritenuto che non vi sia stata violazione del principio del ne bis in idem
3. Nei casi Storbråten contro Norvegia e Mjelde contro Norvegia del 1 febbraio 2007 i due
interessati avevano subito l’interdizione da cariche direttive in aziende, oltre ad una condanna
per reati fallimentari. Gli stessi hanno invocato la violazione del divieto di ne bis in idem, ma la
Corte ha dichiarato inammissibile l'istanza, ritenendo che il primo provvedimento (divieto di
mantenere cariche direttive) non rientri nella “materia penale” ai sensi dell'art. 4 protocollo n.
7. Ha, infatti, essenzialmente natura amministrativa ed ha lo scopo principale di proteggere gli
azionisti ed i creditori da comportamenti sleali degli amministratori, per cui ha un ruolo
supplementare rispetto al campo penale. Inoltre, il contenuto della sanzione riguarda il divieto
di operare come amministratore in nuove società e per un limitato periodo di tempo, e non è
quindi un divieto generalizzato ed indeterminato, cosicché non può ritenersi di natura “penale”.
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