Page 51 - LA SICILIA - Cesare Ferrara
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(ibid., p. 793; Schaube, 1915, p. 615). Infatti la Tunisia, sem-
          pre  bisognosa  di  approvvigionamenti,  rimaneva  paese  e  pi-
          azza di maggiori profitti per i mercanti italiani, i genovesi so-
          pra tutti, che fornivano dietro pagamento anticipato il grano
          caricato in Sicilia.

          Particolare attenzione Federico dedicava anche al mercato dei
          prodotti dell'allevamento, del sale, della seta greggia, e all'in-
          dustria  della  tintura  dei  panni  (Riccardo  di  San  Germano,
          1936-1938, a. 1231). Naturalmente si preoccupava di control-

          lare lo scambio di prodotti e materiali di valore militare, come
          il ferro e il legno. Creò a Messina una fabbrica d'armi per la
          produzione di corazze e l'affidò alla conduzione di alcuni ar-
          maioli pisani (Historia diplomatica, V, p. 722, a. 1240).

          Il sistema d'imposizione diretta ruotava sul cardine delle col-
          lette. La riscossione delle collette era affidata ai giustizieri, i
          quali dirigevano il lavoro degli esattori. Dal 1229, quando ri-
          entrò dalla Terrasanta, Federico rese ordinaria e quasi annuale
          la colletta, prevista quale imposta richiesta per ragioni straor-

          dinarie,  quali  il  finanziamento  dell'esercito  per  la  difesa  del
          Regno.  Il  cronista  Riccardo  di  San  Germano  ne  rilevò  più
          volte il peso negativo, per "la consueta nequizia degli imposi-
          tori e dei collettori", come si segnalava in un atto ufficiale del
          1241 (Peri, 1978, p. 157). Di fatto, fisco e guerra procedevano
          parallelamente.

          Nel  1231,  oltre  a  imporre  e  a  riscuotere  una  colletta,  inter-
          venne  in  campo  amministrativo  ancora  per  accentrare,  ma



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